di Maurizio Vignaroli
PERUGIA – Generalmente non faccio un grande uso dei mezzi pubblici ma in questo periodo a causa di una frattura dell’omero sinistro, ne ho imparato ad apprezzare l’utilità.
Per andare ad assistere mia madre, ricoverata all’ospedale S. Maria della Misericordia (ex Silvestrini), devo prendere necessariamente due autobus di Umbria Mobilità: la linea “U” che porta in p.zza Università e la successiva coincidenza: linea “C” che fa capolinea proprio all’ex Silvestrini.
Oramai da circa una settimana questo è diventato il mio mezzo di trasporto abituale e per ingannare il tempo lungo il viaggio preferisco sedermi sul posto vicino al conducente così posso curiosare e capire la mentalità di questa categoria di lavoratori sconosciuta a noi automobilisti.
Sono in prevalenza tra i 25 (tra cui anche donne) e 55 anni, all’apparenza di cultura medio-bassa e dall’uso del dialetto provenienti, non si sa poi perchè, prevalentemente dalle periferie di Perugia.
In loro è molto radicato l’orgoglio di appartenenza alla categoria: si salutano con gesti o colpi di claxon all’incrocio delle vetture, fino anche a slampeggiarsi nelle ore serali.
Spesso cambiano di vettura lungo il percorso e lungo il tragitto nel 90% dei casi l’argomento di discussione con i colleghi è il tempo ancora necessario per andare in pensione.
Un’interessante categoria quella dei conducenti di autobus, molto gentili quelli più giovani, seccati e scostanti quelli di mezza età, tali e quali quelli che da piccolo consideravo “anziani”. Probabilmente si tratta di una inevitabile “evoluzione” direttamente proporzionale al tempo trascorso in questo ambiente di lavoro.
Ed è proprio in questo secondo segmento della categoria, i seccati in attesa di andare in pensione. che capita di incontrare i così detti “menefreghisti”.
A chi come me ad es. deve cambiare autobus dalla linea “U” a quella “C” in p.zza Università può capitare che, fatto il trasbordo, timbrato il biglietto e trovato un tranquillo posto a sedere, si ritrovi demblèe in una destinazione non desiderata e questo grazie all’autobus double-face: l’autobus che quando arriva è una “C” e dopo che ci sei salito magicamente cambia e diventa una “F”. Risultato? Anziche arrivare come previsto al capolinea dell’ospedale ex Silvestrini… ti ritrovi in località San Mariano di Corciano.
Una cosa di routin a detta di una signora che insospettita del ritardo nella partenza si rivolge tutta allarmata ad uno dei conducenti: “Ma questo rimane una ‘C’… o diventa una ‘F’?”. Il conducente con aria svogliata distoglie l’attenzione dal suo smartphon e in modo serafico le risponde: “E’ diventato una ‘F'”.
Qual è il problema? Forse basterebbe cambiare la scritta prima che i passeggeri abbiano la possibilità di salire… Ma no… scherziamo? Troppa fatica, in fondo lo stipendio corre comunque.