Small talk sul mangiare

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di Ulla Hopster

Non sopporto più le cene dove inevitabilmente uno, a bocca piena e concedendoti la vista illimitata sul contenuto della stessa, inizia un discorso con “Non si sa più ciò che si può mangiare…” Fortunatamente a volte una parte del discorso viene poi attenuato dalla agitata masticazione. Nei casi meno fortunati ho il dovere di ascoltare delle frasi fatte sugli antibiotici nella carne, sul pesce proveniente dai mari terribilmente inquinati, sulla verdura coltivata sopra le discariche abusive….e ammetto che spesso non ho il coraggio di chiedere perché – se la sofferenza è tale – allora non si prova di mangiare la carne dal macellaio certificato anziché dal discount, la verdura biologica, perché non si cerca di insegnare ai figli e nipoti di fare il pane e le torte in casa e di sfruttare il pezzo di terreno dietro casa per coltivare qualcosa autarticamente, fossero anche soltanto un po’ di pomodori in un vaso.

“Ti rendi conto? I dolcissimi maialini, vitellini, agnelli..?!”

Mi sembra di aver individuato delle fasi che si ripetono in questi discorsi: Prima si prende da mangiare, sottolineando che “di solito” si mangia meno e diversamente, poi si parla della scarsa qualità del cibo che ci costringono a consumare in generale, per finire con una perspicua illustrazione della digestione avvenuta negli ultimi tempi.
Mentre mi vorrei gustare in santa pace la mia grigliata mista (di solito mangio meno e diversamente, giuro) c’è chi mi racconta che giusto ieri ha visto in TV quanto soffrono gli animali negli allevamenti: “Ti rendi conto? I dolcissimi maialini, vitellini, agnelli..?!”
Ho difficoltà ad ascoltare questi discorsi perché mi sembrano ipocriti e a volte cinici, quando si prendono gioco dei vasti e in parte pericolosi disturbi di alimentazione dei quali è afflitta la società. Mentre mangiamo un pezzo di torta consumiamo più calorie di quelle che contiene per il senso di colpa di questo “divertimento”, per la consapevolezza di aver fatto qualcosa di “proibito”. Facciamo i complimenti ai nostri figli che rispetto a quelli degli amici stanno già attenti alla linea e non vediamo che soffrono di fame davanti ad un piatto pieno.
O crediamo a chi esce con noi, parlando del suo metabolismo esemplare, per poi vederlo svanire in bagno per mezz’ora uscendo con occhi lucidi e denti lavati dopo aver vomitato l’anima.
Potrei fare a meno di questi discorsi ed avrei una proposta da fare: Quando la prossima volta usciamo con gli amici chiediamo loro qualcosa di audace, ad esempio “Come stai?” anziché “Non hai paura del colesterolo?”. Altrimenti si rischia di mangiarsi per prima cosa il fegato.