Visita al barbiere-scultore Franco Pignattini: dalle avventure del Gorino alle urla di Ciccillo. Quarant’anni di lavoro nel Borgo d’Oro di Perugia
Di Matteo Bianchini in collaborazione con Adriano Massettini
“Ogni portone era una bottega” ricorda Franco Pignattini percorrendo via Garibaldi: “Ora ne saranno rimaste circa dieci”. Una di queste è la sua. E così, seppur molto giovane, il barbiere-scultore si è ritrovato ad essere, assieme ad Adriano Piazzoli, una delle memorie storiche del Borgo d’Oro perugino: “38 anni di lavoro in cui ne ho viste di tutti i colori, compreso un uomo che fuggiva in mutande per la via. Era un amante appena stato scoperto”.
Una serie incredibile di aneddoti, curiosità e personaggi risalenti fino agli anni ’70, periodo in cui Pignattini fu assunto in quello stesso negozio di barbiere che più tardi rilevò: “Una volta la via era piena di gente, noi gestivamo anche la barberia del Distretto e del Comando Militare. Mi avevano detto che ero arrivato in un rione particolare e così fu. All’epoca c’erano le bande di quartiere, qui comandava il Morettone. Avvenivano frequenti scazzottate e si registravano contrasti con i primi immigrati. Morettone era veramente strano, un giorno si diede anche fuoco e si salvò per miracolo. Anni dopo si interessò al Buddismo e si trasferì in India dove passò il resto della sua vita”. Ciccillo era invece lo strillone: “Inventava notizie clamorose pur di vendere i giornali, veniva qui a tagliarsi i capelli ed ovviamente non pagava. Aveva però una gran voce e ci ricambiava con qualche canzone”.
Ognuno aveva il suo soprannome, come Bigattino, Segatura e Apparo. Quest’ultimo, dopo aver lavorato a Roma presso ‘La Parolaccia’ aprì un ristorante simile anche a Perugia: “Chi entrava senza saperlo restava stupito ed offeso”. Apparo inoltre non gradiva tutti i clienti e non guardava in faccia a nessuno: “Un giorno lasciò fuori persino Andreotti che voleva fermarsi a mangiare lì”.
Ma il personaggio più noto è senza dubbio un altro, riscoperto recentemente da Angelo Fanelli nella sua opera ‘Fate poco‘ basata anche sui ricordi dello stesso Pignattini: “Stiamo parlando di Vittorio Gorini detto Gorino, un uomo davvero originale”. Celebre in tutta Perugia per le sue eclettiche invenzioni come il letto a motore, si vestiva spesso con strani costumi che gli valsero la fama di ‘più matto dell’Umbria’. Di Gorini restano oggi le 101 videocassette in cui, ormai anziano, comunicò la sua filosofia di ‘libero pensatore’: “E forse aveva ragione lui, sarebbe meglio interpretare la vita alla sua maniera. Ma nel rione molti lo vedevano male. Non aveva quasi mai lavorato e si arrangiava come poteva. Aveva creato dei buchi nel muro con cui si ‘serviva’ dal negozio di alimentari a fianco, complessivamente si fece otto anni di carcere per reati di questo tipo. Anche lui si tagliava i capelli qui e ricambiava raccontandoci qualche avventura”.
Come quando cercò di alzare il tetto di casa col cric rischiando di far crollare tutto o quando, dopo una grossa vincita, girò tutto il nord Italia in bicicletta: “E poi lo rispedirono indietro perché aveva finito i soldi”. All’epoca qualcuno propose di trasformare la sua mitica abitazione di Via dell’Oro in un museo: “E sbagliarono a non farlo. Era piena di oggetti incredibili, molti andati persi”.
Ma non sembrerebbe essere questa l’unica decisione fonte di malumori: “Se il Borgo muore è anche a causa di scelte politiche discutibili come quelle legate al traffico veicolare o gli eccessivi tempi di pavimentazione di via Garibaldi. Per non parlare della proposta di conversione ad uso abitativo di molte botteghe. Come potevano pensare che le famiglie sarebbero venute a vivere in questi locali così stretti?”. E così del ‘rione degli artigiani’ restano testimonianze solo nelle iniziative dell’Associazione ‘Vivi il Borgo!’, nei nomi delle vie e nelle poche attività rimaste: “Proprio per questo ho deciso di lasciare nel negozio mobili ed arredi di allora. E poi mi sono dedicato io stesso alla scultura”.
Pignattini raccoglie infatti radici di sanguinello in cui ‘vede’ già le figure che poi andrà a realizzare: “Un’idea che mi è venuta proprio da Gorini, in casa ne aveva molte ed ognuna simboleggiava qualcosa”. Come un Michelangelo del legno il barbiere-scultore crea così personaggi fiabeschi, animali e creature del bosco: “Le lavoro con le sgorbie lasciatemi da un ebanista, poi le disegno col pirografo”. Molte di queste creazioni hanno anche uno scopo pratico: “Sono bastoni più o meno lunghi, da passeggio o da montagna”. In altri casi la funzione è principalmente decorativa: “Il FAI ne esporrà alcune nel Sacro Bosco di San Francesco recentemente inaugurato ad Assisi. Ma da quando le foto si sono diffuse anche su internet c’é stato interesse persino dalla Norvegia”.
Ed infatti, mentre lasciamo il nostro ospite al suo lavoro, altri turisti si fermano incuriositi a guardare la sua vetrina.