Soldi, soldi, soldi, sempre tanti soldi alla dittatura partitocratica, qualcosina in più di 43.000.000 (quarantatre milioni!!!) di euro, che i nostri demo-ducetti si sono assicurati ieri per fornire maggiore e fresca linfa vitale ai loro gruppi di potere. Nel 1993, al referendum sull’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti, oltre il 90% degli elettori, del 70% degli aventi diritto partecipante alla consultazione, urlò un chiaro NO! (…) alla Legge n° 195, altrimenti detta Legge Piccoli, dal nome di Flaminio Piccoli, democristiano D.O.C., che venne approvata in soli 16 (!!!) giorni da tutto l’arco costituzionale, con l’unica eccezione del Partito Liberale. Voci inascoltate in un deserto democratico, le nostre, però. Tre anni dopo, infatti, nel 1996, il Parlamento stravolse la volontà popolare e reintrodusse il balzello con alcune insignificanti varianti a danno della comunità intera. L’ennesima e lampante dimostrazione che il popolo contava e conta meno di niente in questa amorale italietta. E poi hanno il coraggio di accusarci di disaffezione alla Cosa pubblica, ma va! Personalmente, ne ho le tasche piene di questa famelica partitocrazia, alias democrazia, visto che per giunta ci esclude continuamente e totalmente da qualsiasi decisione che riguardi le nostre vite, il nostro futuro. Inoltre, non essendo mai stato un democratico, ritengo la più giusta forma di Governo quella dei forti e non dei furbi, e il prosieguo di questo beffardo andazzo nei confronti di noi indifesi cittadini mi rinforza nella convinzione. Non bastasse poi quell’oceano di dindini pubblici che finiscono nei forzieri dei fortini dei partiti, da oltre 67 anni gravano sul nostro groppone anche i mille torrenti in piena che sprofondano nelle voragini carsiche delle saccocce dei singoli parlamentari. Tanto per fornire esempi di comparazione con il prima, Monarchia e Fascismo, ed il poi, Repubblica Italiana, riproduco fedelmente ciò che recitava l’Art. 50 dello Statuto Albertino in quel lontanissimo 4 marzo 1948 : “Le funzioni di Senatore e di Deputato non danno luogo ad alcuna retribuzione od indennità”. Per contro, il 1 gennaio 1948, la nascente partitocrazia, con l’Art. 69 della Costituzione della repubblica Italiana, si garantiva immediatamente un discreto futuro economico, sentenziando quanto segue : “I membri del Parlamento ricevono un’indennità stabilita dalla legge”. Partì così l’interminabile assalto alla diligenza che ha scaraventato il nostro Paese nel baratro del fallimento, scrivevo qualche tempo fa. E vogliamo continuare, dunque, a sostenere questo sistema di gestione pubblica fallimentare con l’unico diritto rimastoci, ovvero, quello al mugugno? Io, proprio no! Cercasi, quindi, urgentemente, volenterosi per cambiare radicalmente questo terribile ed esiziale status quo.
Leandro Raggiotti