Contrariamente all’ottimismo diffuso nel discorso di fine anno dal Presidente del Consiglio Renzi, la ripresina assomiglierebbe sempre più alla solita “ripresina per i fondelli”. I dati pubblicati sul sito del Giornale di Sicilia (gds.it) e ripresi anche da beppegrillo.it sembrano parlar chiaro: “Nel 2015 il bilancio tra aperture e chiusure di negozi, bar e ristoranti sarà in rosso, con un saldo negativo di oltre 29 mila imprese. È la stima dell’Osservatorio Confesercenti. «Un crollo meno grave di quello registrato nel 2014 (-34mila) ma comunque peggiore delle attese». Tra le regioni a fare peggio è stata la Sicilia, dove hanno chiuso più di 16 mila esercizi commerciali.
Il calo delle chiusure, il primo in cinque anni, è quasi annullato dalla frenata delle aperture: quest’anno si stima che inizieranno l’attività circa 37 mila nuove imprese, contro le oltre 42 mila dello scorso anno. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di contrazione per il commercio in sede fissa, la ristorazione ed il servizio bar, spiega Confesercenti.
«In totale, dal 2011 ad oggi, questi tre settori hanno registrato circa 207mila aperture e 346mila chiusure, per un saldo negativo di poco meno di 140mila imprese». In media, negli ultimi 5 anni, ogni giorno hanno aperto 114 imprese e 190 hanno chiuso, per un saldo giornaliero negativo di 76 attività. I cinque anni di desertificazione hanno interessato tutto il territorio nazionale, anche se con intensità diverse a seconda delle zone, sottolinea l’associazione.
Tra le regioni, è la Sicilia ad aver messo a segno il saldo peggiore tra aperture e chiusure di negozi e locali (-16.355 imprese). Seguono, nella classifica delle emorragie di imprese più significative, la Lombardia (-14.327) e la Campania (-13.922). Tra le città capoluogo di provincia, invece, il primato di chiusure va a Roma: l’Urbe sta soffrendo una crisi commerciale ancora più intensa di quella registrata dal resto del Paese: in cinque anni la città ha subito un saldo negativo di quasi 7.500 tra negozi, bar, caffè e servizi di ristorazione. Seguono il comune di Torino, che perde oltre 3mila imprese, e quello di Napoli (-2.327 imprese).
Complessivamente, considerando tutti i capoluoghi di provincia, l’unico comune che ha registrato un saldo positivo è Padova, dove negli ultimi cinque anni il numero di bar, negozi e ristoranti è cresciuto, anche se solo di 42 unità. «Attività commerciali e pubblici esercizi non sono ancora usciti da uno stato di difficoltà che ormai dura da cinque anni», commenta il Presidente di Confesercenti, Massimo Vivoli.
«La ripartenza dei consumi, che pure c’è stata, è ancora troppo recente e modesta per portare ad una rapida inversione di tendenza, anche se finalmente nel 2015 tornano a calare le chiusure di imprese. Preoccupa, però, la frenata di nuove aperture, bloccate dalla stretta del credito e dalla riduzione dei margini di impresa, erosi dalla crisi e da una fiscalità cresciuta quasi costantemente negli ultimi cinque anni». Per far ripartire il settore Vivoli suggerisce di «ridurre il peso che grava su negozi, locali e botteghe» ed «introdurre affitti a canone concordato e cedolare secca per le imprese che aprono in uno degli oltre 600mila locali ormai sfitti per ‘mancanzà di attività in tutta Italia»”.
Non ci resta che seguire anche il primo discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Mattarella (pubblicizzato come un vero evento) sarà qualche cosa di meno “sereno” ma più aderente alla realtà? Staremo a sentire.
Maurizio Vignaroli
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