Sabato 18 giugno 2016, Cordoba, Spagna, presso il magnifico Alcazar de los Reyes Cristianos, costruito nel 1328 da Alfonso XI sul luogo dove insisteva un palazzo arabo. Ero il più nervoso (credo) degli invitati al matrimonio di Susy e Rosa. Obiettivamente non avevo mai preso parte ad una boda homosexual, così si definisce in spagnolo tale evento. La piazza antistante la fortezza era gremita di persone festeggianti, che avevano accompagnato i rispettivi congiunti, e il nostro (il loro, di Susy e Rosa) momento, però, non sembrava mai arrivare. Io e mio figlio ci spostavamo di continuo in mezzo a quel trambusto di umanità raggiante di felicità, e sudaticcia, visti i 40° gradi all’ombra, assieme ad uno dei miei cognati, il padre della sposa. Ripeto, mi sentivo molto agitato, come se tutti sapessero e mi stessero giudicando, reo confesso, in una sorta di mio immaginario autodafè, di prendere parte a qualcosa di sconsideratamente sacrilego. Poi, alle 21,00, una telefonata ci raggiunge, destandomi dalle mie elucubrazioni, avvisandoci di spostarci all’Albergo “El Conquistador”, perchè la novia, incavolata nera per la nostra assenza, ci stava lì attendendo, già sistemata sulla carrozza trainata da cavalli. Incomprensioni dovute alla concitazione della preparazione e, carinamente, non abbiamo neanche tanto insistito nel ricordarle che ci trovavamo esattamente dove lei ci aveva intimato di attenderla. Quando una donna ha deciso cosa sia giusto o sbagliato, conviene lasciar perdere. Per nostra buona sorte, poi, effettivamente la distanza che ci separava era minima, in quanto fra l’Alcazar e l’albergo c’è di mezzo soltanto la stupenda Cattedrale cittadina, innalzata sulle vestigia dell’antica chiesa visigotica dedicata a San Vincenzo, profanata da Abd-al Rahman fra l’833 e l’848 per realizzarvi una moschea, e finalmente riconsacrata in chiesa da Ferdinando III di Castiglia nel 1236, che la dedicò all’Immacolata Concezione di Maria Santissima ed attualmente retta dal bravo e convicente vescovo Demetrio Fernandez Gonzales. Alla fine, con la lingua penzoloni, incravattati come eravamo nei nostri abiti eleganti, raggiungiamo la furibonda sposina, sua madre, in compagnia di mia moglie, zia materna di Susy, ed il resto delle damigelle. Una vecchia, sapete come sono le vecchie, vedendo il corteo, con voce stridula, esclama :”Che belliiii! Dov’è lo sposo, dov’èèèè!!”Tutti tacciono e meno male che si parta immediatamente, ripercorrendo la via dell’andata fino all’ingresso del castello. Altra sosta ed altra tensione (per me), nel frattempo che la prima sposa, a braccetto di una delle sorelle (fa parte, Rosa, di una “nidiata” di nove figli, tra maschi e femmine) attende la seconda sposa, che è smontata dal calesse, sorretta dal papà. E una bambina, sapete come sono ibambini, grida, gioiosamente garrula : “Mamma, mammaaaaa, c’è un’altra sposaaaaa!!” Io desidero ardentemente entrare all’interno del maniero, dove la rappresentante dell’alcalde officerà la cerimonia, per trovarvi pacificante rifugio. Ci avevano lasciati per ultimi. Non credo per alcuna particolare ragione, visto che matrimoni di tal sostanza sono all’ordine del giorno, ma più realisticamente per il fatto che le spose erano riuscite appena per il rotto della cuffia a farsi riservare un posticino in questa meraviglia architettonica, cui accorrono da tutta la Spagna, per i buoni uffici di qualche familiare, considerato che occorrono anni di attesa per poter godere il privilegio di pronunciarvi il fatidico SI’. Comincia la cerimonia ed allora, come per incanto… Leggi di più (testo integrale)
Tratto da: https://leandro283.wordpress.com/2016/06/28/__trashed/
Leandro Raggiotti